Recensione
Ritorno lieto quanto atteso al Teatro Vascello di Roma, dopo i successi e il gradimento – per grandi e piccini – dello scorso anno, per “Le avventure di Pinocchio”; fiaba inimitabile, senza tempo, compagna fedele e sapiente della nostra infanzia.
A partire dal testo di Carlo Collodi – che più lo si rilegge da adulti e più se ne intuiscono ricchezza narrativa, complessità tematica e profondità del magistero, tanto da collocarlo a pieno titolo fra gli universalia del patrimonio letterario nostrano – Danilo Zuliani ne offre una vivace lettura e riduzione, godibile e di sostanziale fedeltà, in una chiave che si fa apprezzare per originalità ed inventiva.
Protagonista un gruppo di bambole di pezza nella stanza dei bambini; non appena il sipario si apre, come per magia le bambole si animano e decidono di interpretare delle storie, e la scelta cade su quella di Pinocchio. Ed ecco che la storia prende corpo, cominciando con le bizze fra Mastro Ciliegia e Geppetto, passando via via alle tante marachelle del burattino-bambino. I personaggi ci sono tutti e sono tutti fedeli al testo, tranne il grillo parlante che appare un pò meno petulante e stressante del solito, il che certo non guasta.
Lo spazio scenico è sostanzialemente scarno ed essenziale ma assai efficace in quanto a scenografie, con cubi di legno colorati e un piccolo teatrino delle ombre sullo sfondo, ornato con disegni dal tratto fanciullesco e fantasioso. All’interno del palcoscenico anche un quartetto di musici – tastiere, percussioni, oboe e sax di vario registro – agghindati in costumi bandistici ed abili nell’usare le apprezzabili musiche, composte per l’occasione, in una sorta di dialogo costante con gli attori, a sottolineare passaggi della narrazione e stati d’animo, mutevoli quanto imprevedibili tale è la complessità del testo.
Bravi anche gli attori – che ogni poco irrompono tra il pubblico rendendolo partecipe – tanto nell’interpretazione quanto nella restituzione dei precetti e del magistero collodiano. E sotto tale aspetto nulla manca, in special modo per quelli più importanti, narrati con fantasiosa vivacità non disgiunta alla necessaria incisività con cui vanno ribaditi, per cui: le bugie non vanno dette, perchè hanno le gambe corte e il naso lungo. Poi bisogna comportarsi bene, non solo per sé ma anche per coloro che più ci amano, vale a dire i nostri genitori, tuttavia disposti a perdonarci tutto all’infinito, tanto è l’amore che hanno per noi. E poi tanti altri insegnamenti – ricordando che i grilli parlanti sempre dicono il vero ma se non si danno una regolata rischiano di fare una brutta fine – fino a quello più importante, sotteso e mai pronunciato a chiare lettere; che per quanti buoni consigli si possono ascoltare, accettare, seguire, l’unica maniera per imparare è sempre e soltanto una: sbagliare da sé ed imparare sbagliando.
Un accenno al pubblico, partecipe e gioiosamente rumoroso; bambini, mamme, papà, nonni, tutti assieme a godere di questa “ghiottoneria letteraria” e teatrale. Alcuni bimbi frignano, altri parlottano coi nonni, ogni tanto arriva qualche sculacciata per farli stare zitti. Nulla di questo disturba, tale è l’osmosi creata tra la narrazione in scena e chi ascolta. Magari il grillo parlante sarà stato l’unico ad averne noia, ma si è ben guardato dal manifestarla
Marco Brama, www.dazebaonews.it